Il viaggio itinerante a Cuba di Violante (1 anno) prosegue con le tappe a Santa Clara, Trinidad e alla Baia di Ancòn: ecco il racconto di mamma Cristina…
Nell’ultimo articolo, vi avevo raccontato la tappa di Pinar del Rio
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Per immergersi sempre più nella storia dell’isola più unica al mondo: passaggio a Santa Clara, la prima città liberata dall’esercito Bautista alla fine degli anni ‘50, sede del Mausoleo del Che, nonché centro creativo e di diffusione di nuove tendenze per eccellenza, e nuovo asilo a Trinidad, dove rivivere i fasti di una passata epoca coloniale, e da dove partire per esplorare la vicina e verdissima Valle de los Ingenios, e immergersi anima e corpo nelle turchesi e calde acque della baia di Ancòn.
Il viaggio dalle Valli di Vinales, a ovest de L’Avana, verso Santa Clara e ancora più a est verso Trinidad, ci riporta nuovamente a passare per la capitale e trascorrervi una nuova notte, nella sempre accogliente casa Galvez. L’indomani mattina presto entriamo fortunatamente in possesso dell’auto che ci porterà in giro per la Cuba centrale durante la prossima decina di giorni. La prima prenotazione effettuata in Italia era stata annullata, e non eravamo sicuri di riuscire ad accaparrarci una delle poche auto disponibili sull’isola.
E invece…sistemiamo bagagli e seggiolino di Violante e pronti, partenza, via! Ho già parlato nel capitolo dedicato ai trasporti di come sia fondamentale portare il vostro seggiolino auto in quanto sull’isola faticherete a trovarli!
Cuba on the road con bambini: Santa Clara e Valle de los Ingenios
Inizia il nostro pellegrinaggio sull’autopista M1 verso Santa Clara, che ci porterà a rendere omaggio al Che nel suo imponente mausoleo – alle ore 13.00 e sotto un sole cocente! per fortuna Violante già dorme all’ombra nel suo passeggino! – e a visitare museo annesso – dove trovare fresco riparo, fra note e cimeli sulla vita e la morte del famoso guerrigliero. Ancora una volta, qualsiasi sia la vostra affinità politica, sarà improbabile non provare una certa emozione in questo ‘sacro’ luogo, dove una solenne statua di bronzo del Che ed un fuoco perenne acceso dallo stesso Fidel dominano un’immobile e vastissima area e rappresentano l’unica ragione per cui un gran numero di turisti si reca in questa zona periferica di Santa Clara.
Veloce precisazione. A Cuba ‘tanti turisti’ o ‘destinazione molto turistica’ ha un’accezione ben diversa dal nostro conosciuto. Non aspettatevi mai grandi folle, gruppi di gente o code, anche nei luoghi più frequentati.
Il centro cittadino di Santa Clara ci riferiscono essere culla di nuove tendenze giovanili, festival e arti creative, ma dati i tempi ristretti e il caldo intenso, per noi ora ‘la città del Che’ rappresenta solo una sosta – dovuta – e siamo di nuovo in macchina per raggiungere la coloniale Trinidad. Ci arriveremo solo in serata. Violante si rivela ancora una volta armata di pazienza e ottima piccola compagna di viaggio!
Cartina stradale alla mano, l’idea è ora quella di allungare fino alla non meno bella e di altrettanto fascino coloniale, così scopriremo, Sancti Ispiritus, ed esplorare le alture di Banao, prima di giungere a Trinidad. Lasciamo così la principale (e unica!) autostrada, la M1, e ci avventuriamo per vie secondarie – e terziarie – immerse in un verde rigoglioso, punteggiate di carretti, cavalli, auto di epoche passate e…vecchi scuolabus riconvertiti a qualsiasi altro nuovo e diverso scopo.
Il viaggio a 50km orari o poco più, per questa Cuba centrale, senza fretta e rigido itinerario, col naso sempre fuori dal finestrino, attraverso paesi, volti e diverse realtà ci piace sempre più. Viaggiamo con tutto il necessario, ad ogni modo, ogni piccolo centro ci offre uno, tre, cinque carretti specializzati ora in caffè, ora in freschi succhi di frutta, ora in piccoli e semplici snack che aiutano ad affrontare meglio le diverse ore trascorse in macchina.
Scopriamo che le alture di Banao, alle quali la Lonely Planet dedica un piccolo paragrafo, sono sicuramente un posto piacevole, ma l’unico modo per soggiornarvi è quello di pernottare in una sorta di colonia per soli bambini e ragazzi cubani! Non che l’idea ci convinca – e non capiamo se in effetti ci avrebbero mai ospitato – ad ogni modo è tutto prenotato e non ci rimane che tirare dritto verso Trinidad, che ci accoglie alle 8 di sera. Senza prenotazione. Senza preavviso. Ma in poco tempo troviamo un più che decoroso tetto, una semplice ma accogliente casa particular con patio, di proprietà di una famiglia tutta al femminile – la dea d’ebano, così soprannomineremo la bellissima ragazza dalla pelle colorata che ci accoglie, la sua piccola figlia, che subito simpatizzerà con la nostra Violante, e una ancora giovane e sorridente nonna.
In cerca di ‘natura’ – la stessa che ci aveva portati fino a Banao – ci spostiamo il giorno seguente in una finca – fattoria – alle porte della cittadina, dove vivremo un’esperienza decisamente rurale e tutta cubana. All’epoca questa struttura non aveva la licenza per ospitare stranieri, a causa dello scarso livello dei servizi offerti. Ciò nonostante, abbiamo saputo conquistare il cuore della proprietaria e visto offrirci una delle due stanze disponibili, affacciata sulla bella Valle de los Ingenios, a due passi da Trinidad e a pochi km dalle belle spiagge della baia Ancòn – per noi un’ottima soluzione.
Per pochi giorni abbiamo ben rinunciato a qualche piccolo comfort e ci siamo accontentati di una sistemazione…più semplice del semplice! Ma il sorriso di Violante di fronte a tutti quegli animali che ci circondavano ha saputo ben ripagare, insieme al fascino della grande casa coloniale, e la disponibilità e affabilità della matrona, con la quale abbiamo avuto diversi scambi e momenti di confronto sulla particolare realtà cubana.
Vivi ancora nella mia memoria i suoi racconti del periodo especial, quando dissoltasi l’Unione Sovietica, alla quale Cuba era drammaticamente e inesorabilmente legata, e scomparso così improvvisamente l’intero campo socialista, la popolazione cubana tutta – militari al governo esclusi? – si è trovata a stringere – ancor di più – i denti, e a tirare avanti con estrema difficoltà. E’ allora che la parola embargo ha iniziato ad avere per i cubani un significato noto – e familiare. Scorte esaurite e mai più ripristinate di diversi beni, scarsi o del tutto irreperibili quelli di prima necessità, azzerate le importazioni e ridotti al minimo gli aiuti, cessate tantissime attività. Il cibo diventava rinuncia quotidiana – o, qualche volta, frutto di quell’arte dell’improvvisazione e del vero e proprio tirare a campare, che i cubani hanno affinato nel tempo, in quegli anni soprattutto. I nostri amici, che anche allora possedevano la medesima fattoria, e dunque qualche animale, sul fronte del cibo riuscivano in qualche modo ad arrivare a fine giornata. Numerosissime – anche venti o trenta! – le interruzioni della scarsissima energia elettrica che subivano ogni giorno, per anni.
Mentre ci veniva raccontato tutto ciò, nella penombra della sera, guardavo Violante giocare tranquilla a pochi metri da noi, ignara di queste e altre difficoltà che affliggono le genti di questa nostra terra.
Cuba on the road con bambini: Trinidad e Baia di Ancòn
Esploriamo nei giorni successivi il piccolo centro coloniale di Trinidad, che ci da l’impressione di tornare indietro di almeno un secolo e mezzo. Complici il rumore degli zoccoli dei cavalli, che procedono lentamente lungo le stradine acciottolate del centro, i colori pastello delle facciate dei sontuosi palazzi coloniali, l’atmosfera tranquilla e sonnacchiosa – favorita da un caldo assordante. Trinidad sorge grazie alle fortune accumulate nel corso del XIX secolo con le coltivazioni di canna da zucchero della zona.
La vicina Valle de Los Ingenios, dove ancora si possono visitare alcuni di quelli che furono fra i maggiori centri di produzione, come Manaca Iznaga, forniva da sola un terzo di tutto lo zucchero di canna cubano. La stessa produzione subì una brusca interruzione nel periodo fra le due guerre d’indipendenza, dando fine al florido periodo di prosperità economica di tutta la zona, e l’industria locale non si riprese mai completamente. Proprio questa è la realtà che si respira in tutta la zona circostante, decisamente decadente e affascinante, verde e lussureggiante.
E quando ne abbiamo avuto abbastanza di case coloniali e canne da zucchero – del caldo torrido in realtà! – ci siamo tuffati nel vicinissimo e bel mare della Baia di Ancòn. Non è questo il più bel mare o la più bella spiaggia di Cuba, lo ammetto, ma questo perché nell’isola ci sono altri mari e spiagge davvero paradisiache. Ma se anche a voi piacciono sabbia chiara, pochissime persone intorno, qualche palma o mangrovia a guardarvi le spalle, e un mare fosforescente davanti agli occhi, direi che queste spiagge meritano una visita se vi trovate nei pressi.
L’importante è evitare la zona alberghiera, dove la spiaggia principale è orlata da casermoni (sigh!) mentre potrete trovare piacevoli e tranquille calette nella strada che porta verso la playa Ancòn, ad esempio all’altezza del Grill Caribe, seguito a qualche centinaio di metri da uno o due ulteriori bar. Più o meno tutte queste piccole strutture offrono anche qualche ombrellone di paglia per pochi cuc, se proprio non vi va di sdraiarvi all’ombra di una palma o di una mangrovia! E’ anche possibile pranzare e trovare qualche bibita fresca – ad ogni modo il consiglio è quello di avere sempre acqua a sufficienza, perché in un’occasione ci è capitato che uno dei bar in questione l’avesse terminata.
Trascorriamo nella zona di Trinidad un totale di quattro notti e tre intense giornate. Un numero sufficiente per apprezzare tutto ciò che la zona ha da offrire e allo stesso tempo rilassarci e fare ‘con calma’. D’altronde con noi viaggia una piccola compagna di un solo anno e mezzo, che pare proprio prenderci gusto all’avventura on the road!
Ripartiamo la mattina presto del quinto giorno, ancora una volta allungando il tragitto. Risaliamo di poche decine di km la costa in direzione ovest, curiosi di trovare un’altra spiaggetta tutta nostra dove trascorrere la mattina – dovremo più tardi dirigerci a est e poi a nord, meta ultima la Cayerias del Norte – il paradiso questa volta.
Passato qualche paesello insignificante, la costa si fa tutta frastagliata e nera. Decidiamo di proseguire e delle persone ci parlano della piacevole Caleta de Castro, che si rivela essere una piccola caletta appartatissima e dall’acqua quasi immobile e di colore azzurro chiaro. Merita una sosta – rigenerante – se siete di passaggio ma non consiglio di raggiungerla appositamente: la mulattiera che la collega alla strada principale prevede qualche km di sterrato nell’ultimo tratto.
Curioso il tragitto: per arrivare alla caléta si entra in un parco delimitato da un vero e proprio posto di blocco all’ingresso – il guardiano ci lascia passare tranquillamente, sconveniente non lasciargli una mancia – e si costeggia quella che sembra essere una colonia estiva, di proprietà dello stato, di altri tempi – intravediamo lontani bambini in uniforme, echeggia vicina, a tutto volume, dai megafoni dei cortili, la musica di un’epoca passata.
Anche qui troviamo la stessa Cuba incontrata finora: ferma nel tempo e nello spazio, struggente, drammatica e romantica.
Nel prossimo articolo vi racconterò l’ultima tappa di questo indimenticabile viaggio…
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Cristina
{testi e fotografie di Cristina Fasci}
{ foto di copertina, sono tratte da Shutterstock}
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