Oggi vi spiego perché non dovete andare alle Maldive in guesthouse e perché, se deciderete invece di farlo, vivrete un’esperienza di viaggio unica e appagante a 360 gradi.
Succede di rado che decidiamo di tornare in un luogo che abbiamo già visitato, ma le Maldive hanno sempre rappresentato un’eccezione: per noi amanti dei paradisi tropicali, il mare di questo arcipelago rappresenta probabilmente la migliore scelta in tutto il mondo.
Aggiungiamo inoltre due elementi fondamentali: la comodità dei voli Emirates che partono da Bologna, rendendo le Maldive una destinazione anche comoda da raggiungere, e infine l’esistenza delle guesthouse, che rendono le Maldive una destinazione più accessibile da un punto di vista economico. Il gioco è quindi fatto, ed eccoci rientrati dal nostro quinto viaggio nel paradiso dell’Oceano Indiano, il terzo alloggiando in guesthouse.
Per una panoramica generale sulle Maldive, per capire la differenza tra isola-resort e isola dei pescatori, abbiamo già scritto diversi articoli ricchi di informazioni e consigli pratici, tutti raccolti in questa pagina:
Organizzare un viaggio alle Maldive: informazioni e consigli pratici
Maldive in guesthouse:
come si vive nelle isole dei pescatori?
Ho già raccontato in questo articolo le mie impressioni dopo la nostra prima esperienza in un’isola dei pescatori, e vi consiglio di leggerlo prima di andare avanti, perché racconta l’emozione intensa di un viaggio di questo genere:
Isole dei pescatori alle Maldive: la comunità e le spiagge dell’atollo di Meemu
Le caratteristiche principali delle isole abitate sono praticamente sempre le stesse. Oggi, però, voglio condividere alcune riflessioni in base alle quali ho capito che scegliere di visitare le Maldive alloggiando in un’isola abitata dai locali con la sola motivazione di risparmiare è un errore!
Le isole dei pescatori non stanno sotto una campana di vetro
Noi “occidentali” siamo abituati all’immagine delle Maldive fatta di: mare incantevole, spiaggia immacolata, cibo internazionale, relax, zero spostamenti e zero “investimenti morali”. Ciò succede perché siamo cresciuti con l’idea che “Maldive” fosse sinonimo di “isola-resort-perfetta”, in cui non ci sono zanzare, né rifiuti, dove tutte le spiagge sono accessibili in costume e si può bere alcool e fumare. Poi magari nessuno sa che i rifiuti vengono conferiti nelle isole deserte e che la sabbia viene spesso prelevata da altre isole…ma “va bene così”.
Adesso però non esistono solo i resort, grazie alle riforme che, dal 2009, consentono ai locali di avviare attività imprenditoriali per accogliere i turisti: questa apertura ci ha fatto capire che alle Maldive vivono anche delle persone diverse dai lavoratori dei resort, e vivono in un mondo che non ha niente a che fare con i resort, né tantomeno con il nostro concetto di “vita quotidiana”.
Isole dei pescatori: vivere una vita intera in 2 km quadrati
Alle Maldive ci sono circa 200 isole abitate (su un totale di oltre mille isole e isolotti), sparse tra gli atolli dell’arcipelago: una miriade di villaggi, a volte piccoli a volte un po’ più grandi, ma comunque limitatissimi rispetto alle dimensioni di una qualsiasi delle nostre città che, per quanto ridotta possa essere, ci consente di salire in auto, bus o treno e raggiungere liberamente e in qualsiasi momento ogni luogo ci interessi visitare.
Alle Maldive molte persone non si spostano dalla loro isoletta, se non per recarsi in un vicino resort a lavorare, oppure nella capitale per curarsi o studiare.
Vi immaginate quanto possa essere delicato l’equilibrio in una comunità del genere?
Non voglio (nè posso) entrare nel merito di un’analisi antropologica, ma credo sia fondamentale partire da questo aspetto “umano” per capire meglio il luogo in cui stiamo viaggiando.
La cultura e la religione nelle isole maldiviane
Altro elemento fondamentale è rappresentato ovviamente dalla cultura locale. Le isole maldiviane sono 100% musulmane e il ritmo della vita è scandito dalle 5 preghiere quotidiane, durante le quali i negozi chiudono e ogni attività è sospesa. Il venerdì è il giorno di festa (come la nostra domenica) e alcune guesthouse sospendono addirittura le escursioni.
Mentre gli uomini si recano in moschea, al richiamo dell’imam, le donne pregano in casa. La prima preghiera è attorno alle 5 del mattino (e se la guesthouse è vicina al minareto si può sentire il richiamo, anche se la conformazione degli edifici garantisce in genere un discreto isolamento). Le donne, dopo la preghiera, preparano la colazione per i mariti che poi si recano al lavoro. Solo il giorno in cui si conclude il Ramazan (come lo chiamano qui) sono gli uomini che lavorano in cucina e preparano i pasti per il resto della famiglia.
Tutte le bambine, a una certa età, che può variare da famiglia a famiglia, indossano il velo e seguono le tradizioni che la loro cultura definisce.
Non tutte le isole offrono alle donne la possibilità di lavorare, soprattutto perché in genere i lavori da fare sono pochi quindi è assolutamente impossibile che ci possa essere la piena occupazione.
Le giornate scorrono quindi con un ritmo che ci potrebbe sembrare (o forse lo è) accidioso, con lunghe pause in cui le famiglie (allargate a diversi gradi di parentela) trascorrono tempo insieme parlando ed occupandosi della vita domestica, o incollandosi agli smartphone per aprire una finestra sul mondo.
Detto ciò, nelle isole visitate abbiamo sempre visto tante persone affacendate: donne che spazzano le stradine sabbiose per rimuovere rifiuti e foglie, o che lavorano le foglie di palma per realizzare scope o prodotti da vendere ai resort; donne intente a coltivare frutta e verdura per il fabbisogno dell’isola; pescatori impegnati tutto il giorno nella pesca o nella lavorazione del tonno, uffici governativi presidiati da impiegati e impiegate, maestri, presidi, ecc…
L’atmosfera che si respira qui è di estrema semplicità ma anche di “agio”. Il benessere deriva sia dalla ricchezza della terra, che dai lavori retribuiti: tutti hanno smartphone di ultima generazione, si spostano in scooter e addirittura ho visto anche due auto a Veymandoo (acquistate esclusivamente per ostentare ricchezza, viste le dimensioni dell’isola).
Anche il sistema scolastico è molto strutturato. Abbiamo avuto l’occasione di visitare la scuola di Veymandooh e parlare con insegnanti e preside. Ci hanno spiegato il loro sistema, che richiama in gran parte quello delle nostre scuole private internazionali, con una grande e importante differenza: alle Maldive è gratuito e quindi accessibile a tutti. Dai 6 ai 18 anni i bambini e ragazzi frequentano l’istituto studiando tutte le materie in lingua inglese, più qualche ora di studio della lingua locale –il Divehi- e della lingua araba, necessaria per leggere e comprendere il Corano. Indossano tutti una divisa, le bimbe che non hanno il velo portano lunghe trecce chiuse con un nastro azzurro. Non fanno esami o test perché le valutazioni sono “discorsive” e vengono effettuate dagli insegnanti descrivendo le capacità raggiunte di anno in anno. Uscendo da quella scuola, ho percepito di essere io quella in “difetto culturale”, pensando a tutti i limiti ed i problemi della nostra scuola pubblica, che non è neanche gratuita…
La gestione deI rifiuti alle Maldive
Come abbiamo già scritto più volte, l’aumento dei turisti che si recano nelle isole dei pescatori ha fatto emergere sempre di più il grande problema di questo paradiso: la gestione dei rifiuti.
Se da un lato il benessere e il tenore di vita della popolazione causano la produzione di una grande quantità di rifiuti non decomponibili (plastica in primis), che si vanno a sommare a quelli (inimmaginabili) prodotti dai resort, dall’altro lato quali sono le reali capacità di gestione degli stessi?
Alcune isole hanno introdotto, o stanno introducendo, sistemi per raccoglierli e smistarli in qualche modo: a Veymandoo, per esempio, è vietato gettare rifiuti a terra (pena una multa salata) e stanno approntando una centrale per lo smaltimento (infatti l’isola è molto pulita!) ma nelle altre isole che ho visitato ciò non avviene, e lo spettacolo può essere davvero impietoso. In questi casi, l’unica via per eliminare i rifiuti è quella di bruciarli.
La prima volta che ho visto quello che mi è parso uno scempio, mi sono messa a piangere: ai lati di alcune strade, e soprattutto nelle isole deserte, si trova davvero di tutto. Le mie amate Maldive ridotte così? Come può essere possibile? Come possono permettere che ciò avvenga?
Ma se penso alle possibili soluzioni, capisco quanto sia davvero difficile risolvere questo problema.
Io non credo che si tratti, come molti sostengono, di inciviltà dei locali. Probabilmente l’accidia che inevitabilmente li contraddistingue li induce a non preoccuparsi troppo del futuro. Ma il problema fondamentale è ciò che il mare porta in giro e, puntualmente, consegna con gli interessi alle spiagge dove arrivano le correnti. Tutti i rifiuti prodotti dai resort o dalla popolazione locale che non vengono bruciati, sono destinati a “volare” da qualche parte, trascinati dalle mareggiate, dai monsoni, dal vento, dalla pioggia…. State due giorni in un’isola battuta dai monsoni e capirete meglio l’ineluttabilità di questo fenomeno.
Chiedetevi inoltre chi potrebbe avere l’interesse ad investire denaro per risolvere questo problema, collocato fisicamente su una superficie di circa 300 kmq sparsi all’interno di un’area di circa 90.000 kmq, se calcoliamo anche il mare.
Insomma, senza esprimere giudizi o paragonare “noi a loro” (anche perché ne usciremmo perdenti, visto che la stessa identica cosa succede in molte zone del nostro paese dove invece il conferimento e lo smaltimento dei rifiuti sono una realtà assodata da decenni) considerate questi spunti ogni volta che vi trovate a visitare le Maldive in guesthouse (e se avete soluzioni da proporre, fatevi avanti che i contatti li abbiamo!).
Maldive in guesthouse: i “limiti” per i turisti
Infine non posso non citare i “tabù” che inducono molti “viaggiatori” a rinunciare a questo tipo di esperienza e che riguardano prevalentemente tre aspetti della vita in guesthouse alle Maldive:
- abbigliamento decoroso: la religione musulmana impone che le donne abbiano sempre spalle e ginocchia coperte, quindi anche noi turiste dobbiamo indossare tshirt e pinocchietti/bermuda/gonne lunghe. Io ho visto anche delle ragazze indossare canottiere e pantaloncini, sia a Male che sulle isole, ma d’altronde si sa che i maleducati sono ovunque;
- alcool vietato: nelle isole dei pescatori non si possono bere, né importare, bevande alcooliche; questo per me non ha mai rappresentato un problema, ma per altri pare esserlo;
- bikini vietato nelle spiagge pubbliche: nelle spiagge pubbliche delle Maldive è severamente vietato indossare il bikini e bisogna fare il bagno vestiti. Solo nelle spiagge private si può e molte guesthouse le stanno realizzando, in modo da avere una base anche sull’isola principale. Il “problema” della private beach è facilmente superato organizzando escursioni quotidiane presso isole deserte dove non ci sono problemi (e le escursioni vengono organizzate quotidianamente nelle isole dei pescatori).
Maldive in guesthouse sì o no?
Se tutto quello che ho scritto qui sopra vi mette a disagio, forse le Maldive in guesthouse non sono la soluzione che fa per voi.
Se invece, così come avviene per qualsiasi paese al mondo, avete voglia di scoprire queste meravigliose isole per quello che sono veramente, oltre la bellezza del mare, se -come me- amate il contatto umano oltre a quello con la bellezza dei paesaggi, allora le guesthouse fanno al caso vostro!
Questo articolo nasce a seguito del nostro viaggio a Veymandoo, l’isola dell’atollo di Taah dove abbiamo vissuto un’esperienza davvero unica: siamo stati i primissimi turisti ad alloggiare sull’isola, nella guesthouse Veyo Retreat.
Potete immaginare lo stupore e la curiosità della popolazione locale, così come la mia, che ho trascorso le giornate a fare domande e indagare approfonditamente l’aspetto umano che cerco sempre durante i miei viaggi.
Le conclusioni a cui sono arrivata non sono certo verità assolute, ma rappresentano semplicemente il mio pensiero allo stato attuale.
Di Veymandoo mi ha colpito molto il suo essere diversa dalle altre isole visitate, proprio per via della sua “illibatezza” rispetto al turismo. Ho trovato una perla preziosissima, fatta di sorrisi sinceri, occhi curiosi, calda accoglienza, voglia di scoprire e di aprirsi.
Ma ho visto anche sguardi perplessi, soprattutto dalle persone anziane.
Mi sono chiesta se davvero facciamo bene ad andare a rompere questi equilibri e, anche se in cuor mio non ho la risposta, i ragazzi del posto mi hanno detto che sì, questa apertura è salutare.
Io però vorrei tornare lì fra qualche anno e ritrovare gli stessi sorrisi e la stessa voglia di aprirsi: solo così sarò certa che non stiamo sbagliando.
Nel frattempo il mio invito è quello di visitare le Maldive in guesthouse solo se si ha davvero voglia di entrare in punta di piedi e con il rispetto che questa esperienza comporta. Qui le Maldive non sono solo mare…e proprio per questo, secondo me, valgono molto di più!
E, se decidete che le guesthouse fanno per voi, ecco il tour operator che abbiamo sempre scelto per i nostri viaggi: Tour operator Maldive: la nostra scelta è Maldives Sunny Isles (e Atoll Adventure)
Dopo questa lunga premessa, è ora di raccontare il nostro meraviglioso viaggio a Veymandoo, reso unico proprio da questo speciale rapporto umano che si è instaurato con le persone che ci hanno accolto, avendo sempre come sfondo il mare più bello del mondo. Eccolo qui: Veyo Retreat a Veymandoo Maldive: la nostra guesthouse nell’atollo di Thaa
Qui ho raccolto tutti i post pubblicati sui social durante il viaggio:
Atollo di Thaa: la nostra vacanza a Veyo Retreat Guesthouse
Qui trovate tutti i nostri articoli sull’isola di Veymandoo:
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Milly
{testi e fotografie di Milena Marchioni}
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La vacanza alle Maldive come piace a me, bello ed utile questo articolo. Volevo chiederti se mi consiglieresti un viaggio in guest house con un bimbo di 7 anni.
Ciao Michele! Assolutamente sì! 7 anni è un’età perfetta per godersi tutto il mondo 🙂
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Decisamente interessante questo articolo! Ho la stessa visione di “viaggio” anch’io e spero di riuscire a trasmetterla nel tempo a mia figlia.
Con bimba di 3 anni il viaggio in guest house lo consigli? Stiamo valutando proprio le Maldive per il prossimo gennaio. Tra l’altro sarà il primo viaggio fuori dall’Italia della piccola dato che poco dopo la sua nascita è scoppiata la pandemia Covid…ora speriam odi recuperare!
Grazie mille!
Ciao Veronica, sì, credo che 3 anni sia una buona età per godersi anche un viaggio come questo…Quindi buoni preparativi!